MATA HARI (Un film)
Regia di Rossana Patrizia Siclari
Soggetto e Sceneggiatura: Gianna Volpi
Con Elisabetta Gregoraci, John Savage,
Francesca Tasini,
Marco Cocci, Fabio Fulco
Costumi originali di Enrica Barbano
Scenografia di Mario Arnaldi Fontana
Immagini virtuali di G. Volpi
Musiche a cura di Elisabetta Del Buono
Dalla redazione di

Ora dobbiamo chiederci il motivo per il quale la danza e la finale
nudità della ballerina provocassero un tale inebriante stordimento
nel pubblico, a partire dal 1905 e per l’intero decennio che
avrebbe portato alla prima guerra mondiale. Le belle donne, che
danzavano o esponevano se stesse nei postriboli di lusso, non
mancavano certo. Ciò che colpiva, in Mata Hari, era l’apollinea
levità, il distacco legato a uno status principesco e, al tempo
stesso la contraddizione di quella naturalezza, che pareva davvero
tutta esotica, nell’offrire visione completa del proprio corpo,
delle forme ben plasmate lungo il metro e settanta di altezza.
Era leggiadra, bella, intensa; il suo sguardo non presentava
alcuna torbidezza, ma si rivelava puro, virginale, nel brillio dello
sguardo. La sua nudità sembrava fondersi con i principi cardine
dell’universo; e pareva essere giunta davvero da lontano, da quella
culla del mondo, cioè l’Oriente estremo dominato dalla cultura
indiana, al quale con tanta intensità guardavano poeti, artisti e
intellettuali. Mata Hari compì una rivoluzione di costume poichè
dimostrava che l’apparire senza veli, in quel modo, non era nulla
di estremamente peccaminoso; ma semmai un peccato veniale;
indicava la liceità sociale di un dolce spudoratezza che avrebbe
potuto essere assunta anche dalle donne delle classi superiori.
6 Agosto 2016
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